I ricercatori, che hanno sviluppato la teoria
dell'attaccamento proposta da Bowlby, hanno concentrato la loro
attenzione sulle diverse modalità di attaccamento,
individuando diverse tipologie
(sicuro/preoccupato/distanziante/non organizzato) nel bambino,
nonché le corrispondenti modalità
nell'adulto; molti studi hanno analizzato la stabilità della
distribuzione nelle popolazioni di tutto il mondo, la
stabilità nell'individuo e la trasmissione
intergenerazionale.
Il nostro interesse attualmente non è sull'assetto
"complessivo" dell'attaccamento, bensì sugli elementi che lo
determinano, per poter operare sulle relazioni tra bambino e le
sue figure d'attaccamento, al fine di rimuoverne le
distorsioni che ostacolano lo sviluppo psichico del minore.
COSA VOGLIAMO INDAGARE CON IL COFFY TEST
Ogni tipologia d'attaccamento è
basata su specifici "Modelli Operativi
Interni", ipotizzati da Bowlby
quali rappresentazioni mentali che hanno la funzione di
veicolare la percezione e l’interpretazione degli eventi da
parte del bambino (e poi dell’adulto), e che comprendono un
modello di sé, un modello dell’altro ed un modello
di sé-con-l’altro (Liotti, 2001).
Per questo il nostro interesse è rivolto ai "modelli operativi interni"
che il bambino utilizza.
D'altra parte, il significato ultimo
dell’attaccamento, alla luce della
teoria proposta da Bowlby, è quello di garantire la base di
sicurezza su cui
l’individuo può fare affidamento per
sperimentare la sua autonoma
esplorazione del mondo e dei
rapporti interpersonali.
In questo senso, ci sembra
importante, come ha
sottolineato
la Crittenden, cosa il bambino percepisce come pericolo,
nonché quanto si sente
protetto e confortato dal genitore.
L’oggetto di
indagine del Coffy Test sono quindi le rappresentazioni mentali, il
modo del bambino di
processare le informazioni con forte contenuto
emotivo: pericoli, difficoltà, divieti
educativi,
autonomia esplorativa, condivisione con i coetanei,
affettuosità e separazione dai genitori.
Un buon
monitoraggio
cognitivo delle emozioni, evidenziato da un processo corretto delle
informazioni, può
essere considerato
indice di buon funzionamento mentale (oltre che di un probabile
attaccamento
sicuro).
MODALITA' RELAZIONALI DEI GENITORI
Al contrario, distorsioni nel
processo delle informazioni
proposte, indicano aspetti preoccupanti della relazione genitori/figlio
che può
essere opportuno approfondire (con altri strumenti clinici) sia a fini
diagnostici che terapeutici, in quanto, come afferma la Crittenden
(Attaccamento in età adulta, 1999) “queste
distorsioni
possono essere di notevole importanza clinica; in effetti, esse possono
essere
considerate il mezzo di sviluppo e di mantenimento della
psicopatologia”.
In particolare la Crittenden
evidenzia alcune esperienze
vissute dal soggetto nell’ambito della relazione con i
genitori: “Gli eventi
vitali sono importanti per comprendere il sostegno psicologico che il
soggetto
ha ricevuto e le sfide che ha affrontato nel corso della propria
storia. Alla
luce di ciò è possibile valutare il suo
adattamento comportamentale e la sua
coerenza mentale”.
Se lo studio di questi
“eventi vitali” è importante per
ricostruire retrospettivamente il vissuto del soggetto e le conseguenti
sue rappresentazioni mentali, crediamo sia importante analizzare questi
“eventi
vitali” (o modalità relazionali) mentre sono in
atto, ovvero quando il soggetto
è ancora bambino.
Tra le modalità
relazionali evidenziate dalla Crittenden,
per la loro frequenza, risultano particolarmente importanti:
1) il sostegno: se i genitori
incoraggiano l'autonomia esplorativa, se sono protettivi (o almeno
presenti) quando il bambino è in pericolo, se lo consolano
quando sofferente;
2) la distanza:
dall'incapacità a manifestare affetto, alla distanza
psicologica tale da trascurarlo, non accorgendosi della
necessità di protezione del figlio, fino a costituire essi
stessi un pericolo.
Per questo il test, oltre
all’adeguatezza o meno dei
processi rappresentativi (cognizioni ed affetti) del bambino nelle
diverse
situazioni prospettategli, ha un altro campo d’indagine: le
attese del bambino
riguardo le figure genitoriali.
Vengono esplorati non solo i
comportamenti protettivi o
consolatori attesi (dal bambino, si presume in quanto già
sperimentati) dalle figure
genitoriali in
situazioni di pericolo, ma anche la funzione di stimolo o, al
contrario,
d’interferenza delle figure genitoriali (sempre secondo le
attese del bambino) di
fronte a
situazioni di autonomia esplorativa o di gioco.
E' evidente che il
Coffy Test esplora aree in gran parte
diverse da quelle esplorate dal SAT; inoltre, sebbene il Coffy Test
faccia
esplicito riferimento alla teoria dell’attaccamento, si
presta ad essere
utilizzato anche da chi fa riferimento a teorie psicoanalitiche quali
quelle
basate sulle relazioni oggettuali.
Il Coffy Test
è rivolto a bambini e ragazzi, di entrambi i
sessi, in età scolare.
In base all'esperienza finora accumulata il Coffy Test
difficilmente può essere somministrato prima dei 5-6 anni
d'età, mentre, dopo i 13-14 facilmente il soggetto ne
comprende le implicite finalità e ciò può
falsare i risultati.